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Posts Tagged ‘Open Source’

CloudCompare disponibile la v2.5.0

luglio 15, 2013 4 commenti

CloudCompare si aggiorna alla versione v2.5.0 / QT rilasciata il 12 luglio. Ricordiamo che Cloud Compare, è un software per l’elaborazione delle nuvole di punti e delle mesh è stato originariamente progettato per eseguire il confronto tra due nuvole di punti 3D o tra una nuvola di punti ed una maglia triangolare.

CloudCompare è un software molto potente ed Open Source capace di aprire e salvare in diversi formati, come BIN, ASCII, PLY, OBJ, VTK, LAS, E57, OUT, PCD, SOI, PN, PV, ICM, mentre permette il salvataggio per le nuvole di punti in BIN, ASCII, PLY, LAS, E57, VTK, PN, PV, PCD mentre per le mesh in OBJ, PLY, VTK, MAYA (ASCII).

Nelle note di rilascio si specifica che anche questa volta le novità sono tante, tra le principali troviamo un nuovo strumento “Cross section” (Sezione) accessibile da Tools > Segmentation > Cross Section;

Fonte immagine dal sito danielgm.net

Troviamo ancora una nuova opzione per l’allineamento della camera su una facciata;

Fonte immagine dal sito danielgm.net

Una nuova opzione per ICP, nuova finestra di dialogo per il calcolo della octree, il limite di 128 milioni di punti è stato portato a 2 miliaedi di punti per i sistemi a 564bit, LAS import/export migliorata, ecc.

Tante modifiche anche per CCViewer anche questo aggiornato e scaricabile per tutti i principali OS.

Per scaricare la versione Windows disponibile sia per sistemi a 32 che a 64 bit basta andare sul sito del produttore alla pagina dei downloand;

Per Mac OSX dalla stassa pagina saremo reindirizzati al sito di Andy Maloney che ha sviluppato l’applicazione per una installazione stand-alone disponibile QUI;

Ora finalmente è anche disponibile una versione pacchettizzata per Linux in versione .deb per Debian, Ubuntu e derivate, installabile tramite PPA realizzato da Romain Janvier. Il PPA è disponibile QUI.

Via garr8

Copyright UNIX, SCO ha perso la guerra

Scritto forse il capitolo finale di un’estenuante saga giudiziaria. Il pinguino e i suoi sostenitori possono tirare un sospiro di sollievo. E SCO dovrebbe avviarsi verso un rapido tramonto.

Anche i peggiori horror cinematografici prima o poi finiscono, figurarsi la vicenda di una azienda ridotta all’ombra di se stessa come SCO Group, che da anni si mantiene in vita per un unico scopo: provare ad addentare il business di Novell, IBM e altri. Colpevoli, a suo dire, di aver indebitamente lucrato su vecchi brevetti UNIX di proprietà di SCO.

La storia infinita della guerra “SCO contro Linux” era stata sin qui costellata di amare sconfitte per la ex-Caldera Systems, che nondimeno seguitava a ritornare sul piede di guerra con una litigiosità legale apparentemente immutata a ogni batosta ricevuta nei tribunali.

Prima un giudice l’aveva data vinta a Novell con una multa milionaria, poi la decisione di concedere a SCO l’appello davanti alla giuria, perso anche quello. E infine l’ultimo atto della “tragedia SCO”, la negazione di un nuovo processo basato sul solo fatto che a parere di SCO la decisione della giuria era sbagliata.

“SCO sostiene di avere diritto a un giudizio legale perché il verdetto non è compatibile con la schiacciante evidenza e la legge. La corte rispettosamente dissente – ha scritto il giudice Stewart – La giuria ha stabilito che la versione dei fatti fornita da Novell è maggiormente persuasiva. Tale conclusione è ben supportata dalle prove. C’è stata una sostanziale evidenza del fatto che Novell prese la decisione intenzionale di mantenere la paternità sui diritti d’autore”.

Insomma quasi non ci si crede, ma questa volta la questione SCO contro Linux dovrebbe essere chiusa per sempre: i diritti di copyright su UNIX contesi tra le aziende coinvolte appartengono a Novell, e a SCO non resta che completare l’iter della bancarotta per riposare infine in pace senza alcuna concessione di altre – a questo punto probabilmente sterili – rivalse legali. Con la conclusione del caso Novell, infatti, a SCO non restano basi legali valide per continuare a procedere contro le altre aziende che hanno basato il proprio business su Linux. IBM in testa.

Via punto-informatico

Il governo abbandona l’Open Source

Da fine maggio l’Osservatorio Open Source, istituito nel 2003 dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazone con l’obiettivo di catalogare i programmi utili alla pa, sarà ridotto a una sola persona. Con seri timori che venga chiuso.

E’ l’ultimo segnale che il governo ha deciso di ignorare le possibilità offerte dall’open source. Già a marzo il ministro Brunetta aveva fatto capire che aria tirava. Nel “nuovo codice dell’amministrazione digitale” non c’era infatti traccia dell’open source. “Neppure un accenno all’introduzione, in modo sistematico e istituzionale, dell’open source nella pubblica amministrazione” si era già lamentata l’Associazione Nazionale Informatici Pubblici e Aziendali (Anipa) scrivendo una lettera aperta al ministro.

Con la chiusura dell’Osservatorio si perderebbe quanto di più prezioso c’è oggi in Italia. Un catalogo dei prodotti open utili alla pubblica amministrazione. In attesa di un piano nazionale a riguardo, intanto le amministrazioni potevano scopiazzare l’una dall’altra.

E c’è pure la beffa. Sul sito dedicato a spiegarci la Riforma Brunetta, ho provato a cercare open source: ne è venuto fuori un solo documento, in cui si dice che il sito è stato realizzato col cms open source Drupal.

Foto | via http://www.renatobrunetta.it

Via ossblog

PS3, il primo custom firmware ama il Pinguino

aprile 9, 2010 2 commenti

È da inizio anno che GeoHot, nome in codice dell’hacker George Hotz già autore del jailbreaking per iPhone, ha dedicato le proprie abilità di reverse engineering all’individuazione di falle e debolezze all’interno del sistema di protezione di PlayStation 3. La console nipponica ha già fatto crack sotto le capaci mani dello smanettone, che ora dà un’ulteriore dimostrazione della validità del suo lavoro proponendo un video che mostra in funzione il primo “custom firmware” per PS3.

Video e firmware seguono a stretto giro di posta l’update obbligatorio al firmware che Sony ha reso disponibile dal 1 aprile, un aggiornamento teso quasi esclusivamente a eliminare la funzionalità di installazione di un secondo sistema operativo su HD impedendo di fatto di poter usare OS Linux sulla console.

Gli utenti non l’avevano presa bene, e GeoHot aveva subito promesso di mettere una pezza laddove Sony aveva deciso di abbandonare quella parte dei suoi consumatori interessati (legittimamente) all’utilizzo di Linux su PS3. Manca ancora un archivio da scaricare ma, visto il buon nome che si è fatto l’autore, il video inserito su YouTube è al momento sufficiente a dimostrare che il custom firmware “3.21OO” esiste ed è pienamente funzionante.

Il primo firmware hackerato della storia di PS3 non mette in mostra nessuna nuova funzionalità, dice GeoHot, perché la release 3.21 originale (non) fa altrettanto. L’installazione del firmware è definita “super-facile” a condizione che la macchina monti la versione 3.15 o precedente, e ripristina la capacità di installare un sistema operativo alternativo sulla console con buona pace dei tagli di funzionalità da parte di Sony.

Non solo il firmware 3.21OO sarebbe in grado di restituire la funzionalità perduta alle console “fat”, ma potrebbe anche (condizione non ancora testata nemmeno dall’hacker) integrarla nelle versioni “slim” della console, che non l’hanno mai avuta. Un risultato, come evidenzia Shacknews, che aumenta di parecchio il livello e l’attrattiva dell’opera di coding di GeoHot.

Ancora una volta, dunque, si ripete il classico schema di corsa e rincorsa tra produttori di sistemi presunti “blindati” e smanettoni interessati ad aprire ogni genere di lucchetto, e GeoHot si prende anche la soddisfazione di bacchettare Sony accusandola di voler “potenzialmente trasformare oltre 100mila utenti legittimi in hacker” vista la rimozione della funzionalità “OtherOS” e l’enorme aumento di traffico (x20) sperimentato dal suo blog dopo l’annuncio del custom firmware.

via punto-informatico

Internet Explorer 10 sarà open source!

In rete si sentono delle voci che parlano di un possibile Internet Explorer 10 open source.

Un rappresentante Microsoft raggiunto per un commento non ha né smentito né confermato, ma ha commentato affermando che: “almeno in questo modo nessuno avrebbe più niente da ridire contro il nostro browser”.

Al momento Internet Explorer 9 è ancora in fase di lavorazione e già dovrebbe migliorare l’attuale supporto agli standard web, ma dalla prossima versione si cambierà sicuramente marcia con il passaggio ad uno sviluppo simile a quello di Firefox.

Tecnicamente sarà possibile portare il futuro IE10 anche sotto Linux, ma le distro dovranno cambiare nome per problemi di copyright.

via ossblog