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Il Parlamento Europeo contro l’anonimato in rete, la proposta di un italiano
In questi giorni sta facendo molto discutere la proposta di un parlamentare europeo italiano, Tiziano Motti, che prevederebbe l’archiviazione dei dati per risalire all’identità di qualsiasi dato pubblicato online, comprese le ricerche attraverso i più popolari motori.
Come sempre la scusa utilizzata è la lotta contro la pedopornografia, ma anche in questo caso si tratta solo di un cavallo di Troia per imporre misure più restrittive alle libertà personali. Nel documento, infatti, si fa esplicito riferimento al fatto che dev’essere possibile risalire al nome dell’autore di ogni singolo scritto che si trovi online, non solo immagini e video.
Secondo un resoconto i parlamentari firmatari della mozione si sarebbero ritirati uno dopo l’altro perché le pratiche di data retention non erano esplicitamente evidenziate, ma indicate attraverso un riferimento ad un altro documento.
Non ci resta che riderci sopra, per non piangere, guardando il video sarcastico che prende in giro in maniera molto intelligente questo genere di approccio alla sicurezza dei nostri bambini.
Via ossblog
Maroni: body scanner nelle stazioni
A partire dal prossimo luglio terminerà la fase sperimentale. Da lì, gli scanner millimetrali dovrebbero fare la loro comparsa in tutti i luoghi a rischio terrorismo.
“Appena sarà conclusa l’attuale fase di sperimentazione prenderemo una decisione. Speriamo di poterli installare progessivamente in tutti gli aeroporti italiani, così come in tutti luoghi potenzialmente a rischio, lì dove è possibile provocare un’esplosione. In primo luogo nelle stazioni ferroviarie”.
Parola dell’attuale ministro dell’Interno Roberto Maroni, intervenuto di recente nel corso della presentazione del primo rapporto sul terrorismo internazionale curato dalla Fondazione ICSA. I tanto discussi body scanner potrebbero dunque fare la loro apparizione anche nelle stazioni ferroviarie del Belpaese, a partire dalla fine del prossimo luglio.
Sarà infatti entro luglio che la fase di sperimentazione avrà fine, dopo il rinvio suggerito dal Garante per la Privacy che aveva mosso delle critiche circa l’algoritmo di analisi interno alle macchine implementate in tre aeroporti italiani.
“Abbiamo chiesto alle società produttrici di modificare questo algoritmo – ha spiegato Maroni – per far sì che la visione della persona sia completamente anonima. Ma questo ha reso meno efficace l’azione di allerta e adesso stiamo lavorando per trovare il giusto equilibrio”.
Il ministro ha poi sottolineato come nell’attuale fase di sperimentazione ci siano “macchine diverse, in modo da valutare quale sia la migliore, la meno invasiva e la più sicura nell’evidenziare il trasporto sul corpo di sistemi che possono essere innescati per esplosioni”.
Ma Maroni è tuttavia convinto che gli attuali sistemi funzionino, sia come deterrente che come tecnica di individuazione di quelle sostanze pericolose che sfuggono ai tradizionali metal detector. Mentre Alfredo Siani, presidente uscente della Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM), ha rassicurato i cittadini sui possibili effetti nocivi alla salute derivanti dall’esposizione agli scanner millimetrali.
“La tecnologia impiegata ad esempio nell’aeroporto di Fiumicino in particolare – ha spiegato Siani – è la più sicura per la salute, poichè si basa su un sistema a onde radio. L’esposizione alle onde durante il controllo è di 10mila volte inferiore a quella derivante da una chiacchierata al cellulare”.
“I body scanner a onde millimetriche, da un punto di vista medico, non creano nessun danno alla salute – ha poi aggiunto Francesco Fedele, ex-presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) – Andrebbero però vietati ai portatori di peacemaker. Per loro sì che potrebbero esserci dei rischi”.
Copyright UNIX, SCO ha perso la guerra
Scritto forse il capitolo finale di un’estenuante saga giudiziaria. Il pinguino e i suoi sostenitori possono tirare un sospiro di sollievo. E SCO dovrebbe avviarsi verso un rapido tramonto.
Anche i peggiori horror cinematografici prima o poi finiscono, figurarsi la vicenda di una azienda ridotta all’ombra di se stessa come SCO Group, che da anni si mantiene in vita per un unico scopo: provare ad addentare il business di Novell, IBM e altri. Colpevoli, a suo dire, di aver indebitamente lucrato su vecchi brevetti UNIX di proprietà di SCO.
La storia infinita della guerra “SCO contro Linux” era stata sin qui costellata di amare sconfitte per la ex-Caldera Systems, che nondimeno seguitava a ritornare sul piede di guerra con una litigiosità legale apparentemente immutata a ogni batosta ricevuta nei tribunali.
Prima un giudice l’aveva data vinta a Novell con una multa milionaria, poi la decisione di concedere a SCO l’appello davanti alla giuria, perso anche quello. E infine l’ultimo atto della “tragedia SCO”, la negazione di un nuovo processo basato sul solo fatto che a parere di SCO la decisione della giuria era sbagliata.
“SCO sostiene di avere diritto a un giudizio legale perché il verdetto non è compatibile con la schiacciante evidenza e la legge. La corte rispettosamente dissente – ha scritto il giudice Stewart – La giuria ha stabilito che la versione dei fatti fornita da Novell è maggiormente persuasiva. Tale conclusione è ben supportata dalle prove. C’è stata una sostanziale evidenza del fatto che Novell prese la decisione intenzionale di mantenere la paternità sui diritti d’autore”.
Insomma quasi non ci si crede, ma questa volta la questione SCO contro Linux dovrebbe essere chiusa per sempre: i diritti di copyright su UNIX contesi tra le aziende coinvolte appartengono a Novell, e a SCO non resta che completare l’iter della bancarotta per riposare infine in pace senza alcuna concessione di altre – a questo punto probabilmente sterili – rivalse legali. Con la conclusione del caso Novell, infatti, a SCO non restano basi legali valide per continuare a procedere contro le altre aziende che hanno basato il proprio business su Linux. IBM in testa.
Un osservatorio con le sembianze di R2-D2
Al Carleton College nel Minnesota gli studenti devono essere particolarmente contenti per esser riusciti a trasformare un noioso e monotono osservatorio a cupola in un enorme modello di R2-D2 capace di osservare lo spazio profondo con il suo occhio. Riesco già ad immaginare il caro robot che cerca di scovare la reale posizione della Morte Nera tra milioni di stelle.
La costruzione, prima di esser giustamente rinominata “Giant R2-D2″, portava il nome di Goodsell e rendeva celebre la piccola contea di Rice per gli illustri studiosi che vi lavorano. Adesso sicuramente la contea, grazie alla rete di blog che hanno ripreso l’informazione, avrà un ritorno in termini di visibilità sicuramente superiore alle aspettative e quindi, anche se non è noto se si tratti di una burla o di un “progetto” autorizzato, eventuali studenti coinvolti dovrebbero esser premiati!
Se tutti gli osservatori fossero così siamo sicuri che molti più studenti avrebbero piacere di unirsi alle classiche uscite scolastiche organizzate per vedere le stelle e gli astri della nostra galassia.
Via gizmodo
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